Ognuno ha una storia da raccontare. Chi dice di non averne alcuna, in realtà sta già raccontando qualcosa.

giovedì 6 novembre 2014

Ogni tanto anche l' habitus va sciacquato

Capita che da bambini, oltre ai giocattoli più disparati o agli innumerevoli diari segreti, di cui va puntualmente persa la chiave, si ricevano in regalo enormi quantità di strumenti di cancelleria, che finiscono spesso dimenticati, dopo una certa età. I pennarelli vengono scaricati in furiose battaglie sulle fotocopie di turno, le matite mangiucchiate vengono per lo più disperse, le tempere sono più secche del Sahara e gli acquarelli diventano oblò in cui l'unico colore dominante è un nero sbruciacchiato che ha invaso tutto il resto.
Ebbene, quest'oggi ho deciso, in un guizzo di spirito sperimentale, di riesumare alcune matite acquarellabili, ben conscia del fatto che non sono esattamente il mio forte...ed ecco il risultato!

Sì, esatto, è lo stesso losco individuo che vi ho presentato qualche post fa :) 
A saperla usare, la tecnica dell'acquarello è davvero interessante per la sua delicatezza capace di generare sbuffi di colore e sfumature quasi trasparenti. Ma questo non serve che lo dica io! (Inutilità al 100%).
Se dovessi intitolare questa immagine, come ho fatto su Deviantart, la chiamerei "Divenire". Penso che tale termine riassuma perfettamente tutto ciò che posso dire al riguardo (Ermetismo al 100%).

Come sempre, grazie per il vostro tempo, enjoy!
Nuzza


Il modo in cui ci spostiamo nel mondo cambia, in parte, la prospettiva con cui lo guardiamo

Ebbene, ogni giorno noi ci spostiamo nello spazio, non importa se il tragitto va da casa a scuola, dal torrido emirato del Qatar ai lidi del Sol Levante, o dal regno della pigrizia alla repubblica della golosità: ciò che conta è come ci muoviamo.
Un giorno, ormai non ben precisato, dovevo recarmi presso una mia amica, per una maratona del Signore degli Anelli. Per coronare di epicità tale impresa, scelsi di utilizzare una bicicletta. Ma la verità è che ci sono città fatte per i ciclisti e città che...NO. Ovviamente la mia è tra i "NO".
Quel giorno, poi, il "NO" era talmente mastodontico che non se ne scorgevano i confini: piovigginava, in quel modo singhiozzante che rende l'asfalto una lustra autostrada verso slogature e tombini insidiosi. Ma io avevo preso la mia decisione, così, bardata in un k-way, rispolverai la mia bicicletta, come un vecchio campione di corse che accarezza la sua fedele auto.
Mi avventurai lungo la discesa, rigorosamente piena di curve da cui, di solito, spuntano autobus che sfidano la gravità e moto in contromano. A quel punto, il vento mi calò il cappuccio sugli occhi, il che era quantomeno fastidioso.
La pendenza incalzava.
Cercai di risistemarlo, ottenendo solo di calarlo più storto di prima. La curva, la curva!
Tirai una bella frenata, rischiando di sguisciare addosso a due innocenti passanti, che mi guardarono come se fossi uscita, lì, da un tunnel spazio-temporale. Forse perché, calato ormai il cappuccio fino al naso, ultima barricata, viaggiavo con la testa praticamente reclinata, sperando in tal modo di vedere ancora qualcosa. Il mio principale predecessore penso sia stato ET. Io però ho preferito non spiccare il volo. Risistemata la bardatura, ripartii. Quando ormai pensavo che la situazione fosse stabile, ecco uno strano movimento ellittico dalle parti di un pedale: si stava svitando. Da quel momento, visto che la vite era spanata, è occorso fermarmi in media ogni venti metri, per non perdere quell'arnese per strada, pedalando solo dal lato buono, cercando di non farmi investire dai bolidi che mi sfrecciavano accanto, felici del loro motore ruggente.
Inutile dire che, al ritorno, su per la salita, se sono riuscita a ritornare sana e salva a casa è stato merito della colonna sonora della battaglia degli Ent. Per piacere, basta disboscare!



Alla prossima!
Nuzza