Ognuno ha una storia da raccontare. Chi dice di non averne alcuna, in realtà sta già raccontando qualcosa.

lunedì 26 maggio 2014

Quando la cosa pubblica funziona è perchè anche le persone che ne fanno parte agiscono bene

Ebbene, continuando il resoconto melodrammatico del post precedente...

Andato, il treno era definitivamente perso.
Mi scrutai attorno, lanciando occhiate dardeggianti al binario vuoto, ormai al colmo della sopportazione. Mi avvicinai a un personaggio che pareva avere un ruolo determinante nelle faccende ferroviarie. Contro ogni previsione risultò estremamente gentile, premurandosi di indicarmi un convoglio alternativo. Forse sarei riuscita a effettuare un cambio e arrivare in tempo. Inutile specificare che quando si prospetta l'ipotesi di dover cambiare treno intervengono diversi fattori ansiogeni, tra cui l'essere testimoni dell'irruzione di Vin Diesel, specialmente quando si ha a carico un enorme trolley che può essere preso per una macchina da corsa di ultima generazione. Sì dalle prossime vacanze opterò per bagagli minimali, promesso.
Dopo aver trascorso il viaggio scrutando ogni singolo cartello a ogni singola stazione, finalmente arrivò il momento cruciale. E devo dire che ci riuscii. Raggiunsi il treno che avevo perso inizialmente e arrivai a destinazione. Di questo debbo ringraziare quello sconosciuto capotreno che mi ha raccolta e accompagnata.

Ognuno può essere un capotreno gentile. Yeah.
Alla prossima!
Nuzza

Vedere il lato migliore è smettere di guardare il treno che abbiamo perso sicuramente per colpa di altri

L'estate scorsa, per svariate vicissitudini, mi sono trovata a dover prendere un treno.
Per giungere alla stazione, di solito, bastano dieci minuti di autobus, ma si sa che d'estate gli orari assomigliano più che altro a una foresta in via di disboscamento; conscia di ciò, ero arrivata alla fermata con buon anticipo. Tutto procedeva a gonfie vele. Se non che, tale adorabile mezzo di trasporto, saltò la corsa.
Da quel momento, iniziò la mia.
Mi scapicollai giù per scalinate e lungo improbabili scorciatoie, il tutto, ovviamente, corroborato dal trascinamento quasi antigravitazionale del mio beneamato trolley (si scriverà così? Siamo fiduciosi); il che diede il "la" a un'esperienza turbo, che vi consiglio caldamente e affannosamente qualora voleste aggiungere alle vostre giornate un po' di adrenalina o se, per qualche motivo, voleste correre il rischio di slogarvi qualche caviglia. I pochi eletti che sarebbero riusciti a deliziarsi della mia fugace apparizione avrebbero potuto osservare una scena del genere: una giovine fanciulla sciabattante tallonata da un enorme, chilotonico trolley.
Inutile aggiungere ma lo faccio comunque che durante gli avveniristici attraversamenti pedonali, il sopracitato bagaglio si prodigò in piroette degne del Cirque du Soleil.
A circa cinque minuti dalla partenza del treno riuscii a salire su un autobus, per la gioia di tutti i passeggeri spiaccicati dal mio fedele compagno di jogging. Dopo aver beccato tutti i semafori rossi possibili e intelligibili, finalmente arrivai in vista della stazione, con l'aspetto che avrebbe potuto avere Rambo in procinto di attaccare l'ufficio dello sceriffo. Le porte si aprirono. Non c'era più tempo.
Presi di peso il mio trolley, sfrecciando verso la meta, in sottofondo le esortazioni dei consueti quattro ubriaconi che bazzicano da quelle parti. Una diva, insomma.
Irruppi nella stazione come una furia, ignorando il plotone di obliteratrici che mi gridavano: "Ehi! Timbraaa!".
Mi precipitai al binario, che avevo individuato grazie alle note capacità divinatorie dei tabelloni.
Quando mancavano ormai solo pochi gradini al raggiungimento dell'Apeiron, mi fermai.
Era già partito.
Il fatto è che io nonostante tutto...ero in orario!

Ebbene, qui termina la prima parte del resoconto, in questa giornata di post elezioni Europee in cui la cosa più semplice è lamentarsi. Alla fine ci lamentiamo così tanto che un giorno ci lamenteremo anche di lamentarci. Non fraintendiamoci, lamentarsi di ciò che non va è più che lecito, ma crea la tendenza a notare solo le criticità negative, di qualsiasi entità siano, mentre, forse, sono le cose positive che ci servirebbero, sono loro il punto da cui potremmo ripartire a prendere fiducia. Prendiamo forza da quelle, perché ci sono!
A volte perdere il treno può permettere di farci vedere le cose diversamente.

Il mio TROLLey, yo!


Alla prossima :D
Nuzza
 

lunedì 5 maggio 2014

L'attesa può essere un tempo vivo, anche quando l'autobus non arriva e piove

Penso sia capitato a molta gente di restare a bocca asciutta aspettando un autobus per un tempo apparentemente infinito, durante il quale i pensieri oscillano tra la tentazione di lanciare un barile di bitume in testa all'autista di turno o di tagliare le gomme al mezzo pubblico tanto agognato, e il perenne dilemma: "Vado a piedi? A questo punto però potrebbe arrivare da un momento all'altro. Ma se invece avesse proprio saltato la corsa?". Questo lungo monologo interiore, degno dei più incalliti shakespeareiani, in media dura abbastanza a lungo da permettere all'autobus di arrivare. Oppure no. Dipende da voi.
Per non parlare, poi, delle infinite code alle poste o in qualche studio medico, dove l'atmosfera è ardente quasi quanto prima del fatidico "via" a una maratona intorno a una supernova.
L'attesa, insomma, non è sempre piacevole.
Sarà per questo che oggigiorno ogni cosa ha aumentato ritmo, cercando di evitare a tutti i costi quei cosiddetti tempi morti, tanto che tutti ci lamentiamo sempre di non avere mai tempo. Eppure il tempo è sempre lo stesso. Forse a volte rallentare può essere salutare... o persino divertente. Persino a Leopardi l'attesa faceva arricciare un angolino della bocca.
L'attesa, che di solito è considerata una spiacevole situazione di sospensione, in realtà può rivelarsi molto migliore delle aspettative: permette di guardarsi attorno, di sospendere, appunto, la nostra frenetica corsa attraverso la quotidianità e concederci un momento per riprendere in mano il nostro tempo più consapevolmente. Aspettare allena la pazienza, può essere fonte di ispirazione, può farci tornare a una dimensione in cui siamo sia spettatori che opere d'arte.
Immaginate che gusto ci sarebbe nel dipingere un quadro o concludere un fumetto nel tempo che impieghiamo a fare il log-in su facebook; oppure proviamo a ricordare quanto fosse bello ricevere una cartolina o una lettera, attenderla, sapendo che è una cosa speciale proprio per noi, non per un intero gruppo su whatsapp (benché quest'ultimo sia quasi gratis!). Provate a immaginare di poter stare ad ascoltare il respiro antico di una foresta che vive così lentamente...
Questa premessa lunghissima e molto commovente voleva introdurre un bizzarro esperimento sociale di cui ho trovato notizia leggendo qua e là, ovvero il Digital Detox Camp, un'iniziativa per staccare un po' dalle nostre forsennate corse giornaliere (chissà poi per andare dove?) e riprendere un po' i contatti con noi stessi e con gli altri, imparando anche il valore dell'attesa. Beh non che serva andare fino in California per riuscirci :D

"Ti penso", Acquaforte su zinco, inchiostro blu su rosaspina








Ok vi ho fatto attendere abbastanza! Alla prossima :D