Questa mattina avevo deciso di potermi concedere il meritato (?) riposo. In realtà l'avevo già deciso ieri sera, ma comunque...
A un'ora non ben precisata, che potrebbe oscillare tra le 7:45 e le 8:10 odo il soave rombo del citofono. Ho pensato che non fosse il caso di alzarsi, in fondo io sarei benissimo potuta essere già fuori, magari all'accademia, magari alle Maldive, oppure, più semplicemente, mi sarei ancora potuta trovare tra le braccia del sonno. Così ho ignorato a bella posta il citofono, catalogandolo tra le cose neutre.
Dopo un lasso di tempo decisamente breve, suona il campanello. Al che, mi ripeto tutta quella tiritera, aggiungendo che comunque non avrei potuto mica aprire la porta in pigiama e coi capelli arruffati, neanche se fuori ci fosse stato il principe azzurro, o il re di Spagna, o Chessoìo.
Passano tot minuti, il campanello suona nuovamente: questa volta controllo l'ora, le (:!%, cioè le 8:15.
Mi riavvolgo nelle coperte, aggiungendo a tutte le scuse sopracitate, che tanto ormai non avrei mica potuto smascherare così la mia presenza; ma neppure un battito di ciglia dopo, ecco che parte il citofono! A questo punto, con uno sbuffo di lenzuola e un mugugno accidentato, scendo dal letto e mi dirigo prontamente verso la causa dei miei affanni. Sento distintamente che fuori dalla porta c'è ancora qualcuno, così, visto che sarebbe stato disdicevole, poi, non aprire, ho semplicemente premuto il bottone del citofono che apre il portone da basso e poi sono filata di nuovo dall'altra parte. Tempo di arrivare a portata di letto, ecco un'altro strepito del citofono, simile al gracchiare di un gabbiano. Tra l'altro era nettamente più insistente. A quel punto ho pensato che la mia copertura fosse ormai saltata, così ho percorso il corridoio come un velocista, rischiando, per l'impeto, di spiaccicarmi contro la porta. Premo con più decisione il beneamato tasto del citofono, ma niente, continua imperterrito a strimpellare. Allora ho alzato la cornetta:-Pronto?-. Era il vicino di sotto, che chiedeva se potevo accostare la porta dell'ascensore, che altrimenti non poteva essere prenotato, nè muoversi, evidentemente. Dopo avergli rivolto uno sconclusionato, quanto assonnato: -Ah, sì, grazie-, ho sbirciato dallo spioncino. C'erano due figuri sul pianerottolo, l'ascensore palesemente occupato, forse perchè non avevano badato a chiudere premurosamente le portine. Corsi in camera, presi dei vestiti a caso, cercando di ignorare i capelli, riuniti, per l'occasione, in una matassa senza grazia. Nello stesso tempo la sveglia-cellulare (o il cellulare che uso anche come sveglia) decide di intonare la sua più piacevole melodia, proprio accanto alla porta, dove l'avevo recato meco, a causa dell'impeto del citofono. Tempo di tornare alla porta, pronta a fronteggiare l'ormai inevitabile incontro e spegnere il telefono, ecco che le due persone, che con ogni probabilità erano quelli che vengono a controllare i contatori, son spariti in ascensore.
Con sguardo vacuo, torno a letto, rimettendomi il pigiama.
Non ci crederete, ma dopo appena cinque minuti, il campanello riprende a suonare. Questa volta ho buttato all'aria tutte le scuse sopracitate, sostituendole con un esasperato NO, BASTA.
Poi, però, ho pensato che forse era l'anziana vicina, o magari la badante che non riusciva a entrare per qualche motivo o magari erano di nuovo i tipi di prima. Così, mi alzo di nuovo, mi rivesto di nuovo, e nuovamente mi avvio verso la porta. Ovviamente fuori non c'era già più nessuno.
A Quel punto ho deciso che ormai il mio sonno era totalmente compromesso e l'idea di coricarmi
di nuovo non aveva più nessun fascino. Così, dopo una lauta colazione per smaltire l'inizio burrascoso della giornata, mi sono messa a scrivere questo affascinante e sublime papiro, per delectare.
Ebbene, buon proseguimento, alla prossima!